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In servizio nuovi agenti della Polizia di Stato ad Enna, Leonforte, Nicosia, Piazza Armerina e Polstrada

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Nella mattinata del 15 gennaio 2021 hanno preso servizio nuovi Agenti della Polizia di Stato presso la Questura di Enna, i Commissariati di P.S. di Leonforte, Nicosia e Piazza Armerina e la Sezione Polizia Stradale di Enna.

Provengono da diversi Uffici del territorio nazionale e vantano già esperienza operativa e professionale.

Continua il rafforzamento degli organici voluto dal Dipartimento della P.S. che consente di migliorare la presenza sul territorio e offrire alla comunità maggiore servizio e sicurezza


Villarosa. Autotrasportatore strangolato e dato in pasto ai maiali, la Cassazione ordina nuovo processo

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Nicosia Maurizio Giuseppe
Villarosa. Sarà rideterminata la pena di Maurizio Giuseppe Nicosia, condannato all’ergastolo per la lupara bianca dell’ autotrasportatore Giuseppe Bruno, scomparso nel maggio del 2004, strangolato e il cui corpo era stato dato in pasto ai maiali.
La Corte di Cassazione ha infatti accolto il ricorso della difesa ed ha riconosciuto l’attenuante del delitto d’impeto, mentre in primo e secondo grado all’imputato era stata contestata l’aggravante dei futili e abietti motivi. La Cassazione ha rinviato alla Corte d’appello di Catania per la rideterminazione della pena. Nicosia era stato arrestato nel 2017.
Bruno, 50 anni, sposato e padre di 4 figli, che abitava nella frazione Cacchiamo di Calascibetta (En), aveva da poco tempo rilevato una tabaccheria a Villarosa (En). Scomparso nel primo pomeriggio dalla rivendita, aveva lasciato tutti i suoi oggetti personali.
Le indagini, archiviate e riaperte per ben tre volte, avevano accertato che l’uomo si era recato nella masseria di Maurizio Nicosia con la sua jeep, ritrovata dai familiari due giorni dopo la scomparsa parcheggiata nell’area di sosta Santa Barbara dell’autostrada A19. Il proprietario della masseria aveva ammesso di avere ricevuto la visita di Bruno, sostenendo che era andato via pochi minuti dopo.
Le indagini erano state riaperte nel 2015 dalla Dda di Caltanissetta sulla base delle rivelazioni del pentito Santo Nicosia, cugino di Maurizio. Bruno aveva chiesto il saldo di un prestito da 90 mila euro, fatto ad un familiare di Maurizio Nicosia e ci sarebbe stata una violenta discussione al culmine della quale il pregiudicato lo aveva strangolato con una corda.

Abusò di due minori. Condannato in via definitiva l’insegnante di Regalbuto, Vito Cutrono

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A Regalbuto fra il 2010 e il 2013 Vito Cutrono, insegnante privato di inglese, abusò di due minori di quattordici anni, costringendole a fare e subire atti sessuali, “non ci fu stupro ma illecite carezze“. Il giudice di primo grado del tribunale di Enna aveva qualificato il fatto in termini “di lieve entità” e aveva condannato a un anno e otto mesi il Cutrono. La Corte di Appello di Caltanissetta nel 2018 aveva portato la condanna a cinque anni, dichiarando interdetto in perpetuo ai pubblici uffici l’insegnante e la Cassazione nel 2020 rigettava il ricorso proposto, confermando la condanna e addebitandogli altresì le spese di rappresentanza e difesa, sostenute dalle parti civili. La vicenda aveva scosso il paese dell’ennese. In molti avevano giustificato e appoggiato l’uomo, dubitando delle dichiarazioni delle abusate e delle loro famiglie. Filippa Lattuga, madre di una delle due ragazze, al tempo dei fatti bambine, aveva detto: “Hanno preferito asciugare le lacrime dei loro figli pregandoli di tacere su quanto accadeva durante l’ora di lezione” Cutrono era persona rispettabile, di tutti amico e di molti imparentato e la moglie, maestra elementare, godeva pure di rispetto. Era lei che inviava al marito i suoi piccoli alunni per approfondire la conoscenza della lingua. “Cutrono” continua Filippa Lattuga “era certo dell’omertà paesana”. Tanti sono passati dal suo garage/scuola eppure solo due ragazze hanno avuto il coraggio di denunciare. Quanti hanno preferito mantenere il silenzio per non alzare il velo sull’orrore? Molte ragazze erano pronte a seguire l’esempio delle due giovani, ma le loro famiglie hanno preferito l’onore. “Abbiamo conosciuto la farraginosità del sistema giudiziario, abbiamo visto avvocati compiacenti e complici” dice Filippa. Dopo la farsa del primo grado, Cutrono continuò ad agire indisturbato. Furono mandati altri bambini alle sue lezioni. Interessate ai soldi del buon uomo, affamate di fama giornalistica e di visibilità mediatica, si diceva delle ragazze perché infamare le vittime è cosa comune. Oggi la Legge è stata giusta e un criminale è stato condannato. Nessuna sentenza cancellerà i ricordi di un’infanzia sporcata dalla brava gente che non ha voluto vedere, sentire e parlare ma i ricordi possono essere addomesticati e usati per fare il Bene.

Gabriella Grasso

news precedente:

Regalbuto. Professore condannato per violenza sessuale in danno di due minori di anni quattordici, altre ragazze coinvolte

 

Giovane cerca di accoltellare un cliente in un bar di Leonforte, alla presenza anche della Polizia, arrestato

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Nella giornata del 15 gennaio 2021 Agenti del Commissariato di P.S. di Leonforte hanno tratto in arresto un giovane leonfortese, B.D., classe 1992, con numerosi precedenti penali, per lesioni volontarie, minacce aggravate dall’uso di un coltello e resistenza a pubblico ufficiale.

Alle ore 18 veniva segnalata una lite tra due uomini nei presso di un bar del centralissimo corso Umberto. Veniva, pertanto, immediatamente inviato l’equipaggio della Volante che trovava sul posto un uomo – noto al personale operante perché gravato da diversi precedenti penali – che, con il volto visibilmente tumefatto, riferiva di aver avuto poco prima una lite verbale sfociata successivamente in una reciproca aggressione fisica con un soggetto di cui non conosceva l’identità.

In attesa dell’arrivo dei sanitari – prontamente allertati per le cure di cui necessitava il ferito – gli operatori cercavano di capire quali fossero le motivazioni alla base della lite apprendendo che si era trattato di un banale diverbio dovuto al mancato rispetto, da parte di uno dei due, dell’ordine di accesso all’interno di un’attività commerciale.

In questo frangente, nel corso del quale gli operatori dovevano anche tenere a bada diverse persone che si erano raggruppate in piazza, si faceva largo tra la folla un uomo – poi identificato in B.D., l’altro responsabile della lite poco prima avvenuta – il quale, noncurante della presenza degli agenti di polizia, improvvisamente estraeva dal giubbotto un grosso coltello da macellaio – con una lama di 17 centimetri particolarmente affilato – e, brandendolo con foga, cercava di colpire il rivale rischiando, al contempo, di attingere anche i presenti; solo la prontezza di riflessi degli operatori di volante – e di un agente della polizia penitenziaria fuori servizio che si trovava sul posto – evitava il peggio; i predetti, infatti, rischiando di essere a loro volta colpiti dall’arma brandita dall’uomo, riuscivano a disarmarlo e ammanettarlo prima che potesse fare del male a qualcuno.

Le indagini svolte nell’immediatezza dei fatti permettevano di appurare che B.D., subito dopo la lite, si era recato a casa a prendere il grosso coltello ritornando, poco dopo, con la chiara intenzione di colpire il rivale, dimostrando così inequivocabilmente la premeditazione del suo gesto.

Per tali motivi, dopo le formalità di rito B.D. veniva tratto in arresto e – su disposizione del P.M. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna, posto agli arresti domiciliari a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

L’arma bianca veniva posta sotto sequestro penale.

Enna, un parroco indagato dalla procura per abusi su adolescenti. Vescovo Piazza Armerina: «Non ho insabbiato nulla»

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Un fascicolo è stato aperto dalla Procura di Enna nei confronti di un parroco, dopo un esposto ed alcune segnalazioni da parte di adolescenti che hanno denunciato presunti abusi sessuali da parte del sacerdote. Sulla vicenda sono in corso indagini da parte degli investigatori della squadra mobile che avrebbero già raccolto alcune testimonianze. Così riporta il quotidiano La Repubblica. Il parroco, che è anche insegnante di religione, avrebbe abusato dei ragazzi, quasi tutti minorenni, che erano impegnati nelle attività dell’oratorio. Altri religiosi sarebbero venuti a conoscenza dei presunti abusi, ma avrebbero taciuto. Episodi analoghi erano stati segnalati anche alla curia di Piazza Armerina, senza ottenere alcun provvedimento se non l’allontanamento momentaneo del sacerdote dalla parrocchia.

Sulla pagina Facebook del quotidiano La Sicilia si legge quanto segue, che per correttezza di informazione riportiamo integralmente:

Prete accusato di abusi sui minori, il vescovo di Piazza Armerina: «Non ho insabbiato nulla»
«Con riguardo a dei casi che sono avvenuti nella mia diocesi io ho sempre attivato la procedura canonica informando le autorità ecclesiastiche». Così il vescovo di Piazza Armerina, Monsignore Rosario Gisana sul caso del prete di una parrocchia della provincia sul quale la Procura di Enna ha aperto un fascicolo per violenza sessuale.
Il vescovo ammette che ci sono degli altri casi che sarebbero emersi, ma dice di non conoscere direttamente il parroco coinvolto. «Sono offeso con la Procura che avrebbe dovuto informarmi mentre io allo stato attuale non so niente. In realtà non so di chi stiamo parlando».
E sui contatti con il Vaticano, che avrebbe ricevuto una lettera accorata da parte di una vittima e avrebbe chiesto conto e ragione al vescovo, Gisana dice che non può negare di avere avuto contatti con la Santa Sede. «I parroci che sono venuti a conoscenza di questo non hanno taciuto e lo hanno comunicato subito. Io non ho insabbiato nulla».
Una delle vittime avrebbe subito un procedimento canonico e non avendo avuto un riscontro alle sue dichiarazioni avrebbe deciso di rivolgersi al Papa. Su un presunto indennizzo offerto alla vittima il vescovo commenta deciso: «Noi non abbiamo offerto alcun risarcimento».

Quanto sopra viene confermato da un comunicato stampa ufficiale della Diocesi di Piazza Armerina:

Diocesi di Piazza Armerina – Ufficio Comunicazioni Sociali
COMUNICATO STAMPA
In merito agli articoli di stampa apparsi oggi, riguardanti un sacerdote della provincia di Enna, accusato di abusi sessuali su minori, si precisa che il Vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, ogni qualvolta ha ricevuto notizia di eventuali delitti ha avviato i procedimenti previsti dalla normativa canonica. Si precisa, inoltre, che il Vescovo non ha ricevuto alcuna comunicazione da parte dell’Autorità giudiziaria in cui si informa di eventuali procedimenti penali a carico di chierici della diocesi. Pertanto esprime piena fiducia nella Magistratura e offre collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti, nella eventualità che il caso sia di sua competenza.

Abusi su minore, parroco indagato. Procura Enna: «nessuna notizia dalla Curia»

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Il notaio dell’indagine previa, una sorta di informativa fatta dalla Curia per appurare la veridicità delle dichiarazioni del giovane che accusa un prete di Enna di averlo violentato, era l’attuale vescovo di Trapani, Don Alessandro Damiano. E stato lui insieme ad un altro prelato, Don Vincenzo Talluto ad ascoltare il giovane e a raccogliere la sua testimonianza. E nonostante sul documento che convocava il ragazzo a Palermo, interrogato per oltre 4 ore, ci fosse scritto in bella mostra il nome del parroco che avrebbe compiuto gli abusi, questi non si è mai presentato. “Abbiamo trasmesso, come sempre, gli atti al vescovo competente (Piazza Armerina)”. Il vescovo, monsignor Rosario Gisana avrebbe potuto percorrere due strade. “Avrebbe potuto informare la congregazione che, dunque, avrebbe deciso il da farsi, o in caso di infondatezza delle accuse archiviare”. La vicenda fu portata alla congregazione ma cosa fece il vescovo per punire il prete accusato di avere abusato di un minore, che all’epoca dei fatti aveva solo 15 anni?. Oggi sappiamo che lo spostò, in una sede dell’Italia del Nord, ma in maniera temporanea. In ogni caso avrebbe dovuto informare la procura di Enna che su un prete della curia pendeva un’accusa così infamante. “Non abbiamo mai ricevuto niente dalla Curia – dice il procuratore di Enna, Massimo Palmeri – Siamo venti a conoscenza del reato solo quando il giovane ha denunciato alla Squadra Mobile”. E mentre la città si divide tra innocentisti e colpevolisti, sullo sfondo c’è il dolore di un giovane uomo che avrebbe chiesto giustizia alla Chiesa e che sarebbe stato lasciato solo. La vittima, quella che ha trovato il coraggio di denunciare, sfidando le malelingue e i pregiudizi. Pregiudizi che albergano, non sempre, nell’ignoranza e che rischiano di trascinare chi ha trovato la forza nel fango. Questa è la terra dell’omertà, dove tutti sapevano ma nessuno ha parlato. Per questo, e solo per questo, onore a chi ha il coraggio.

Arrestato quarantenne ad Enna per furti e maltrattamento animali

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Nella serata del 18 gennaio 2021, Agenti della Sezione Volanti della Questura di Enna, durante il servizio di controllo di territorio, notavano a margine della via Livatino una persona che spingeva un carrello della spesa colmo di roba varia.

Nella circostanza procedevano al suo controllo, identificandolo in P.O., di anni 40, proveniente da Catania.

All’interno del carrello, che si appurava essere stato sottratto poco prima da un supermercato della zona, erano presenti un cartello stradale indicante una rotatoria, asportato da una vicina rotonda, un capretto neonato in pessime condizioni vitali, chiavi di abitazioni, un fonendoscopio, un phon asciugacapelli, una bandiera tricolore italiana di grandi dimensioni, buste di corrispondenza postale con differenti destinatari ed altri oggetti.

L’uomo, con numerosi precedenti penali, non forniva alcuna spiegazione circa la provenienza della merce.

Il piccolo animale veniva affidato alle cure di un veterinario, ma a causa delle ormai precarie condizioni vitali, moriva poco dopo.

P.O., dopo le formalità di rito, veniva dichiarato in stato di arresto per furto aggravato e maltrattamento di animali e associato presso la Casa Circondariale a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Parte della refurtiva veniva restituita agli aventi diritto.

Sono in corso accertamenti per addivenire alla identificazione dei proprietari dei restanti oggetti rubati.

(foto repertorio)

Induce a fotografarsi nuda una minorenne affetta da disturbo psichico: arrestato pregiudicato di Valguarnera, per pornografia minorile

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I Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Caltanissetta, supportati nella fase esecutiva dai colleghi di Enna, hanno dato esecuzione nel pomeriggio dello scorso 18 gennaio ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, su richiesta del pubblico ministero, nei confronti di un 24enne pregiudicato di Valguarnera Caropepe, per il reato di pornografia minorile.
Vittima della condotta una ragazza, figlia di una parente della compagna dell’autore del reato, all’epoca dei fatti minorenne e affetta da un disturbo psichico che ne ha comportato – nel tempo – il collocamento presso una comunità alloggio.
Le indagini dei militari dell’Arma, iniziate nei primi mesi del 2020 e concluse quasi un anno dopo, hanno permesso di ricostruire una fitta rete di contatti tra la ragazza ed il suo aguzzino tramite l’applicativo di un noto social network, nel corso dei quali si ripeteva sempre lo stesso schema: l’uomo, consapevole della minore età e dello stato psicologico della ragazza, richiedeva foto e contenuti che ritraessero la minorenne nuda. Le risultanze investigative, svolte attraverso l’acquisizione di informazioni da parte della stessa vittima, degli assistenti sociali e dei responsabili della struttura di accoglienza, nonché attraverso l’analisi dei contenuti rinvenuti nei telefoni dell’arrestato e della ragazza, hanno fornito un chiaro quadro accusatorio tale da ritenere opportuna la misura cautelare della detenzione in carcere. La consumazione del reato contestato si è realizzata, infatti, nella continuata induzione ed istigazione da parte dell’uomo a farsi inviare il materiale pornografico, facendo insorgere nella vittima l’intenzione e la successiva accettazione nell’assecondare le precedenti richieste.

Immagine generica


Enna. Donna trova portafoglio con 450 euro e lo consegna alla Polizia

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Nella tarda serata del 19 gennaio 2021 una donna si è presentata presso l’ingresso della Questura consegnando all’Agente della Polizia di Stato in servizio un portafoglio che aveva rinvenuto, poco prima, presso lo sportello automatico bancomat di un Istituto bancario del centro storico.

All’interno vi erano 450 euro suddivisi in banconote da 50, la carta d’identità del proprietario, 3 codici fiscali, 1 carta banco posta, 1 carta della banca, 1 chiave, tessere e documenti di altri familiari.

Prontamente, tramite la Volante, veniva rintracciato l’avente diritto al quale veniva riconsegnato il portafoglio con tutto il contenuto.

L’uomo, che ha voluto ringraziare la signora per il tramite della Polizia di Stato, precisando che non mancava nulla, ha dichiarato che non si era reso conto di dove aveva smarrito i propri effetti personali e che, dopo brevi ricerche, aveva attivato la procedura per la denuncia e per il blocco delle carte.

Regalbuto: il silenzio delle autorità in merito al sotterramento di un cavallo nei pressi del lago di Pozzillo

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Regalbuto. Delicata questione di salute pubblica ed inquinamento ambientale, ovvero del sotterramento di un cavallo morto nei pressi del Lago di Pozzillo. La tumulazione abusiva, incredibilmente autorizzata con ordinanza del sindaco di Regalbuto Bivona Francesco, è avvenuta in un terreno privato che si trova su un sito di importanza comunitaria, di fronte a case di civile abitazione e strutture ricettizie pubbliche, compresa una piscina confinante col Lago di Pozzillo.
Grazie al prezioso contributo dei consiglieri di minoranza “Regalbuto Riparte” e “Obiettivo Comune”, si è a tal uopo indetto un consiglio comunale il 29/12/2020, tenutosi in videoconferenza, ove hanno specificato che è passato un anno dal gravissimo fatto, ma ancora non è stata individuata la zona esatta del seppellimento dell’animale, che peraltro, avrebbe dovuto essere evidenziata e custodita con apposita recinzione, nonostante in detta zona si avvertiva e si avverte un putrido fetore.
Ebbene, mentre le autorità preposte alla salvaguardia dell’igiene e salute pubblica stanno ancora a guardare, è più che mai urgente accertare le responsabilità in primis del sindaco che con ordinanza n. 01/2020 del 14/01/2020 avrebbe consentito in modo arbitrario l’interramento del grosso equide, e poi non avrebbe curato, nonostante i tanti solleciti, se le prescrizioni di legge erano state rispettate.
Come si evince dalla normativa comunitaria di riferimento, l’interramento di carcasse animali è ammesso, in deroga, soltanto in particolari casi eccezionali, in cui non sia possibile provvedere allo smaltimento della carogna mediante incenerimento, oppure non sia possibile raggiungere il corpo dell’animale perché si trova in zone impervie, con apposito mezzo di trasporto, che, peraltro, deve avvenire necessariamente ad opera di ditte specializzate per ridurre al minimo i rischi per la salute pubblica, causa la presenza di molti agenti patogeni.
Nel caso di specie, il cavallo pare sia deceduto nella sede della ditta che ha richiesto il seppellimento, quindi un luogo facilmente raggiungibile con mezzi meccanici.
Allora ci si chiede: è mai possibile che in un Paese civile come l’Italia che si batte per la salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica, si possano verificare episodi del genere, senza che alcuna autorità – come l’Asl Veterinaria ad esempio – intervenga per far rispettare la legge?
Lasciamo alla fantasia del lettore immaginare cosa sarebbe successo se tutto questo fosse avvenuto nei pressi delle falde del Lago di Garda o del Lago Maggiore.
C’è chi, come il signor Rosario Calanni, ha assistito personalmente al suddetto seppellimento, fotografandone tutto il suo iter, e ha fatto ricorso al Procuratore della Repubblica, nella speranza di essere convocato ed interrogato al più presto in merito all’annosa questione.

Quanto sopra è tratto da un articolo pubblicato su lavocedellisola.it il 19 corrente mese a firma di Giuseppe Proiti

Incidente A19, tra Mulinello ed Enna. il bilancio è di tre feriti: due in elisoccorso

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Un incidente è avvenuto lungo l’autostrada A19 tra Mulinello ed Enna, nella tarda mattinata, che ha portato alla chiusura del tratto e al blocco del traffico verso Palermo.

L’autostrada è stata riaperta, ma il bilancio è alquanto pesante.

I mezzi coinvolti sono andati completamente distrutti. Il violento impatto ha portato a ben 3 feriti, due dei quali sono stati trasportati in ospedale in elisoccorso in gravi condizioni.

si tratta di due autocarri che per cause ancora in corso di accertamento sono entrati in contatto.

Tribunale Enna condanna al risarcimento padre che abbandonò il figlio

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Una sentenza di certo storica che sancisce il più importante e il più naturale legame che ognuno di noi possiede, ovvero quello con i propri genitori. Figure senz’ombra di dubbio importanti, anzi essenziali, per la sana crescita dei futuri membri della società. Ed è quindi una bella notizia leggere di un ben preciso indirizzo giuridico in materia di difesa di questo sacro e inviolabile diritto a questo legame. E tutto ciò avviene presso il Tribunale di Enna dove è stato affrontato e deciso, per la prima volta, un caso di responsabilità da “deprivazione del rapporto genitoriale”: un illecito che provoca un danno al figlio privato di quel legame importante.
Così il Giudice Dott. Marco Pennisi ha accolto in pieno le tesi sostenute in giudizio dagli avvocati Lucia Mirabella e Salvatore Timpanaro, che hanno difeso un figlio abbandonato dal padre e che avevano significativamente fissato nella citazione la prima udienza del processo per il 19 marzo 2018, giorno della festa del papà. Sono quindi passati quasi due anni e dopo aver interrogato sia il genitore che il figlio abbandonato, il Giudice ha riconosciuto la responsabilità del genitore per la “deprivazione della figura genitoriale” (in parole povere il genitore, omettendo di svolgere il proprio ruolo, ha arrecato al figlio un danno in quanto, senza sua colpa, ha perso uno dei due genitori), condannandolo in favore del figlio al risarcimento dei danni liquidati in € 10.000,00.
Ora, aldilà del fatto in sé, è significativo come la ancora una volta lo studio legale “Timpanaro & Partners” di Nicosia – esperto in diritto di famiglia e diritto penale della famiglia – porti all’attenzione dei giudici una originalissima fattispecie, mai affrontata prima dai giudici ennesi, per certi versi “scottante” e sicuramente degna di attenzione perché permette di riflettere sul ruolo centrale e importante della famiglie quale prima cellula della società e del ruolo della legge volto a difendere e preservare quella cellula. Sono argomenti che meritano attenzione anche da parte di chi non è “del mestiere” e di chi non pratica il foro in quanto portano all’attenzione l’Uomo nella sua sfera valoriale e quindi nella sua vera natura. D’altronde lo studio legale di Nicosia ha già portato all’attenzione diverse tematiche importanti come a suo tempo il diritto di visita on line sul web da parte del genitore separato o l’affidamento di minori a madre omosex.
Scrivono gli avvocati Timpanaro e Mirabella che ”Sin dalla separazione con la di lui moglie il convenuto ha di fatto troncato ogni rapporto con il figlio, che all’epoca dell’abbandono da parte del proprio padre aveva appena tre anni. Da allora il convenuto ha costantemente mostrato disinteresse nei confronti del figlio, dimenticandosi totalmente della sua esistenza. Nessun rapporto parentale, nessun ruolo genitoriale, nessun contatto paterno!”.
I difensori del figlio, divenuto maggiorenne, hanno denunciato davanti al tribunale la violazione sia delle norme del codice civile che dei principi costituzionali e di diritto internazionale, chiedono un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (comprensivi del danno biologico, danno morale e del danno dinamico-relazionale o esistenziale) utilizzando quale parametro le tabelle per liquidazione del danno non patrimoniale per perdita del rapporto parentale redatte dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, praticamente quegli stessi parametri che si applicano in caso di morte del genitore per omicidio o incidente.
Ovviamente, aldilà del denaro e quindi del “fisico”, questa sentenza ha anche qualcosa di morale, perché, giustamente, nessun sentimento può essere comprato e, in ultima analisi, risarcito. Diventa quindi simbolica questa decisione perché rappresenta la difesa, con le armi che possiede la legge, del valore. Perché sicuramente è sempre meglio avere l’affetto di un genitore che qualche migliaia di euro. Ma è anche giusto tutelare il figlio che, non per propria colpa, si è visto privare di una figura importante per omissione.

Alain Calò

GdF Nicosia sequestra discarica abusiva di rifiuti speciali, tre i denunciati – video

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Nell’ambito del piano di controllo del territorio finalizzato a prevenire e reprimere i traffici illeciti, militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Nicosia, in collaborazione con personale del Nucleo Operativo Provinciale di Enna del Corpo Forestale della Regione Siciliana, hanno concluso un’operazione di servizio a contrasto dei reati ambientali, sottoponendo a sequestro una discarica abusiva di rifiuti speciali sita in località San Giovanni.
L’attività, iniziata nel corso dei quotidiani servizi sul territorio espletati dalla Tenenza, è proseguita attraverso mirate indagini, condotte congiuntamente al Corpo Forestale Regionale, che, attraverso numerosi appostamenti e riprese video-fotografiche, hanno cristallizzato le azioni illecite di tre responsabili, intenti da tempo a riversare nell’area in questione, ubicata in una zona poco frequentata e nascosta alla vista, quantitativi sempre maggiori di rifiuti speciali, costituiti in prevalenza da materiali inerti provenienti da demolizioni, plastiche, metalli, vetro e rifiuti ingombranti, che raccoglievano e smaltivano illecitamente e senza alcuna autorizzazione.


L’accortezza usata dagli indagati era solo quella di disfarsi giornalmente di modesti quantitativi di materiale in modo da sostare in loco per pochi istanti e non insospettire, così, gli abitanti della zona. Nel tempo, tuttavia, nell’area si è accumulato un ingente quantitativo di rifiuti di qualunque genere creando di fatto una vera e propria discarica a cielo aperto, pericolosa per l’ambiente non solo per la contaminazione del terreno sottostante, ma anche perché suscettibile di inquinare l’aria in caso di incendio della circostante area boschiva.
L’operazione si è conclusa con il sequestro dell’intera area, l’identificazione dei tre responsabili e la loro denuncia a piede libero alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Enna per il reato di raccolta, trasporto, smaltimento e gestione di rifiuti non autorizzata (previsto dall’art. 256 del D.Lgs. n. 152/06). I tre rischiano ora l’arresto fino ad un anno o l’ammenda fino a 26.000 euro, con l’obbligo di procedere alla bonifica dell’area a proprie spese.
L’azione di servizio conferma il costante presidio esercitato dalla Guardia di Finanza a contrasto degli illeciti ambientali, non solo a salvaguardia della salute dei cittadini e del patrimonio floro-faunistico, ma anche a tutela degli imprenditori che operano onestamente, smaltendo i rifiuti rispettando le regole.

Presunti abusi su minore a Enna, i genitori della vittima: “La Diocesi di Piazza Armerina ci offrì soldi per il silenzio”

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“La Diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una ‘clausola di riservatezza’ e del silenzio di nostro figlio”. Lo sostengono i genitori dell’uomo che ha denunciato di avere subito abusi da un prete a Enna quando aveva 15 anni. Dopo il suo esposto la Procura della città ha aperto un’inchiesta per violenza sessuale nei confronti del sacerdote, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. “L’unico nostro interesse – affermano – era quello di avere giustizia con l’allontanamento definitivo del sacerdote da Enna e l’ammonizione scritta da parte del vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana”. Secondo la ricostruzione dei genitori dell’uomo, assistiti dall’avvocato Eleanna Mollica Parasiliti, l’accordo, “mediato da un avvocato rotale del Nord Italia, prevedeva anche una ‘clausola di riservatezza'”. La Procura di Enna continua a lavorare in silenzio, ma dagli accertamenti sarebbe emerso che la Chiesa avrebbe archiviato l’indagine nei confronti del presunto autore degli abusi sul minorenne per un difetto di competenza tecnico-giuridica: all’epoca dei fatti il prete era ancora seminarista. La Curia di Piazza Armerina lo avrebbe quindi invitato a trasferirsi in una regione del Nord Italia, dove sta frequentando un dottorato di ricerca. Ad Enna il prete, che gestisce un’associazione con centinaia di giovani, è tornato in estate ed ha celebrato messa. (ANSA).

Sgomina rete di 22 spacciatori tra Barrafranca, Piazza Armerina e Pietraperzia – video

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La Polizia di Stato sgomina rete di 22 spacciatori operanti a Barrafranca e Piazza Armerina.
L’indagine della Squadra Mobile e del Commissariato di P.S. di Piazza Armerina ha avuto avvio dall’incendio di un’auto per il mancato pagamento di una partita droga. Una delle vittime è stata anche sequestrata, picchiata e rapinata per un mancato pagamento.
La Polizia di Stato – Squadra Mobile e Commissariato di P.S. di Piazza Armerina – su ordine della dott.ssa Stefania Leonte, Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Enna, diretta dal Dott. Massimo Palmeri, ha eseguito 22 misure cautelari emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari per i reati di sequestro di persona, estorsione e traffico di stupefacenti.

I FATTI
La notte del 29 novembre 2019 veniva data alle fiamme un’autovettura nel pieno centro cittadino di Piazza Armerina.
Sul posto intervenivano gli uomini della Squadra Volanti del Commissariato armerino e i Vigili del Fuoco che scongiuravano il peggio in quanto le fiamme dell’auto si stavano già propagando alle abitazioni vicine e difatti avevano danneggiato il prospetto di alcune case.
Le immediate indagini della Polizia di Stato permettevano di focalizzare l’attenzione sul “mondo” del traffico di stupefacenti.
Scongiurato il pericolo per i residenti grazie al tempestivo intervento, venivano raccolte le testimonianze sia dei proprietari del veicolo che delle abitazioni danneggiate.
Nonostante l’inziale reticenza, gli investigatori della Polizia di Stato riuscivano a raccogliere importanti indizi di reato così da avviare le attività di intercettazione telefonica.

LE INDAGINI
Le attività investigative permettevano di acclarare quanto ipotizzato dai poliziotti grazie all’ascolto delle intercettazioni e difatti emergevano inequivocabili responsabilità a carico di alcuni degli odierni arrestati.
La vittima dell’attentato incendiario non aveva pagato diverse forniture di stupefacenti e, dopo le numerose minacce, la rete di spacciatori passava alle vie di fatto incendiando l’auto.
Un’altra vittima è stata sequestrata, picchiata e rapinata al fine di convincere i debitori a pagare. Alcune fasi del sequestro sono state anche documentate, così da inviare ai morosi le foto e convincerli a saldare i debiti di droga.
Le attività d’indagine seguite costantemente dagli investigatori della Polizia di Stato permettevano di documentare decine e decine di cessioni di stupefacenti ai clienti, molti dei quali minorenni. Gli spacciatori si rifornivano abitualmente presso le città di Catania e Palermo ed alcune volte ricevevano la droga direttamente a domicilio pagandola con un sovrapprezzo.
Il linguaggio criptico utilizzato dagli spacciatori è stato sempre decifrato dai poliziotti così da riuscire ad effettuare diverse attività per raccogliere fonti di prova.
Durante tutta la fase investigativa, durata 8 mesi, oltre ad aver documentato le attività di spaccio ed aver effettuato numerosi arresti, gli investigatori hanno anche sequestrato armi clandestine e banconote false. Sequestri di cocaina, marijuana e hashish ed il contestuale arresto degli spacciatori ha permesso di ricostruire la rete fittissima di trafficanti operanti principalmente nei territori di Barrafranca e Pietraperzia. Una delle centrali di spaccio più redditizie era quella delle case popolari di Barrafranca ed il centro storico di Piazza Armerina.
Gli interventi degli uomini della Squadra Mobile e del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Piazza Armerina, coordinati dalla Procura della Repubblica di Enna, hanno permesso di sottrarre al mercato della droga numerosi giovani mediante la segnalazione alla Prefettura ennese ed al contestuale avvio del percorso di recupero.
Le indagini svolte in territori ad alta densità mafiosa come quello di Barrafranca sono sempre particolarmente complesse ma nonostante ciò la Polizia di Stato è riuscita a raccogliere fonti di prova utili per procedere oggi all’arresto di soggetti, molti dei quali pluripregiudicati.
Tra gli arrestati sono stati colpiti dal provvedimento restrittivo anche un catanese ed un palermitano, entrambi canali di approvvigionamento della rete di spacciatori operanti in provincia di Enna, individuati dalla Squadre Mobili di Catania e Palermo.

I PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI
Custodia Cautelare in Carcere:
BONFIRRARO Salvatore, Alias “U CIANU barrese classe 1994, pluripregiudicato
CENTONZE Rosario, piazzese classe 1972, operante a Barrafranca pluripregiudicato;
CENTONZE Salvatore, piazzese classe 1998, operante a Barrafranca pluripregiudicato;
ROMANO Alessandro, piazzese classe 1994, operante a Barrafranca, pluripregiudicato;
ZICCONE Salvatore Giuseppe, piazzese classe 1978, operante a Villarosa, pluripregiudicato;
Custodia Cautelare degli Arresti Domiciliari:
PISANO Gaetano , Alias “U Tano Terremoto”, ennese classe 1981, operante a Barrafranca, pluripregiudicato;
D’ALU’ Alex, nisseno classe 1995, operante a Barrafranca, pregiudicato;
D’ALU’ Maurizio, nato a Pavia classe 1970, operante a Piazza Armerina. pluripregiudicato;
DI DIO Michele, nisseno classe 1983, operante a Barrafranca pregiudicato;
DI MATTIA Massimo, Alias “U Picciddu” nato in Germania classe 2001, operante a Barrafranca pluripregiudicato;
MANCUSO Danilo Alessandro Giuseppe, nisseno classe 1988, operante a Barrafranca pluripregiudicato;
TAMBE’ Aleandro, nisseno classe 1999, operante a Barrafranca, pregiudicato;
TAMBE’ Luigino, Alias “Mezzo Metro” nisseno classe 1976, operante a Barrafranca, pluripregiudicato;

Obbligo di dimora nel comune di residenza:
M.U. nato in Germania di anni 25, pregiudicato;
C.G. nato a Marsala (TP) di anni 31, pregiudicato;
L.M.M., nato a Piazza Armerina (EN) di anni 23, pluripregiudicato;
S.V. nata a Enna di anni 30, pregiudicata;
S.G., nato a Catania di anni 44, pluripregiudicato;
G.F., nato in Belgio di anni 20, pregiudicato;
M.A. nato a Piazza Armerina di anni 21, pregiudicato;
M.S. nato a Mazzarino di anni 30, pregiudicato;
M.G. pregiudicato
Un indagato destinatario della misura cautelare custodiale è ancora irreperibile e le ricerche continueranno fino a quando non verrà arrestato.


DATI OPERATIVI
Il Questore di Enna Dott. Corrado Basile ha disposto l’impiego di 150 uomini e 72 veicoli sin dalle prime luci dell’alba di oggi 26.01.2021 che, coordinati dalla Squadra Mobile, hanno dato avvio alle ricerche sul territorio dei soggetti destinatari dei provvedimenti restrittivi.
Gli agenti dei Commissariati di P.S. di Piazza Armerina, Leonforte e Nicosia, unitamente a tutti gli altri uffici della Questura, sono stati coadiuvati dal fondamentale apporto fornito da altre Specialità della Polizia di Stato quali il Reparto Prevenzione Crimine di Catania, il Reparto Volo di Palermo e le Squadre Cinofili della Questura di Catania. In occasione di complesse operazioni di Polizia, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza fornisce il massimo supporto alle Questure sul territorio permettendo di raggiungere tutti gli obiettivi prefissati.
Dovendo operare in territori difficili da raggiungere e ad alta densità mafiosa, il supporto del Reparto Volo che controlla le operazioni dall’alto risulta fondamentale. Altro fondamentale apporto è stato fornito dalle Unità Cinofili per la ricerca di armi e droga in quanto i cani sono dotati di un fiuto infallibile, rendendo la ricerca di materiale illegalmente detenuto molto più rapida. Il Reparto Prevenzione Crimine ha fornito 45 uomini altamente specializzati in ricerca e cattura dei destinatari di misure cautelari restrittive.
Alle ore 05.00 tutti i target erano stati raggiunti ed una volta catturati sono stati condotti presso gli uffici della Squadra Mobile di Enna ed il Commissariato di Piazza Armerina. Anche in occasione di questa operazione sono state rispettate le norme di sicurezza dettate dall’emergenza sanitaria, difatti la diversificazione dei luoghi di custodia ha permesso di mantenere le distanze tra operatori e destinatari la misura cautelare.
Eseguita la cattura, tutti i soggetti sono stati fotosegnalati dalla Polizia Scientifica che ha inoltre documentato le diverse fasi dell’operazione di Polizia Giudiziaria.
Dopo gli adempimenti previsti dalla legge, i soggetti colpiti dal provvedimento di custodia cautelare in carcere sono stati condotti presso gli Istituti di pena disponibili sul territorio siciliano, anche in questo caso nel rispetto delle norme attuali per fronteggiare il COVID-19 ed in piena sinergia con la Polizia Penitenziaria.


Indagine su un prete di Enna per presunti abusi sessuali. No alla gogna mediatica: “verità emergerà nelle sedi opportune”

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Indagine a carico di un prete di Enna per presunti abusi sessuali. No alla gogna mediatica.
LA VERITÀ EMERGERÀ NELLE SEDI OPPORTUNE
di Giuseppe Rabita per Settegiorni dagli Erei al Golfo

“Pesanti accuse di abusi sessuali nei confronti di un parroco di Enna. La notizia è esplosa domenica scorsa, 17 gennaio, sui media locali e nazionali, condivisa e commentata sui social con tanto di assoluzioni e condanne.
Poiché il fatto riguarda la diocesi di Piazza Armerina non possiamo né tacere né ignorare la notizia, consapevoli che ci guida l’amore alla verità e il rispetto della dignità delle persone.
I fatti sono ormai a conoscenza di tutti secondo le ricostruzioni degli organi di stampa che riportano informazioni fornite dalla presunta vittima: un giovane ventisettenne di Enna denuncia all’autorità giudiziaria di aver avuto rapporti omosessuali continuati con un prete quando aveva 15 anni. La denuncia è recente e ha dato l’avvio alle indagini da parte della squadra mobile di Enna, diretta dal vicequestore Antonino Ciavola.
Poiché Enna è una piccola città, dai particolari forniti non è stato difficile individuare chi potesse essere stato il sacerdote accusato, esponendolo in tal modo alla pubblica denigrazione. Ovviamente, alla ricerca di conferme, i giornalisti degni di questo nome hanno contattato l’unico che potesse dare delle risposte: il vescovo di Piazza Armerina mons. Rosario Gisana, il quale è stato necessariamente reticente in quanto è in corso l’accertamento dei fatti in sede di giustizia ecclesiastica. Uno scarno comunicato, emesso il 18 gennaio, ha soltanto precisato che “ogni qualvolta ha ricevuto notizia di eventuali delitti (il vescovo) ha avviato i procedimenti previsti dalla normativa canonica. Si precisa, inoltre, che il Vescovo non ha ricevuto alcuna comunicazione da parte dell’Autorità giudiziaria in cui si informa di eventuali procedimenti penali a carico di chierici della diocesi. Pertanto esprime piena fiducia nella Magistratura e offre collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti, nella eventualità che il caso sia di sua competenza”.
Nel suo agire mons. Gisana – che è vescovo di Piazza Armerina dal 5 aprile 2014, quindi parecchio tempo dopo la data in cui si sarebbero svolti i fatti – ha seguito scrupolosamente le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana il 24 giugno 2019; specificatamente, per quanto riguarda i rapporti con le autorità civili, il n. 8 del suddetto documento. Se non ha inoltrato alcun esposto all’autorità civile è perché, dopo aver attivato la procedura canonica e l’espletamento dell’indagine previa, non è stata accertata la sussistenza del fumus delicti, cioè la presenza di più indizi gravi, precisi e concordanti che dimostrino la probabilità effettiva consumazione del reato.
Il vescovo ha inoltre incontrato molte volte la presunta vittima e i suoi genitori offrendo loro conforto e sostegno. Nessun insabbiamento dunque né ostruzionismo.
Attualmente la causa è all’attenzione delle Congregazioni Vaticane e, dopo la denuncia civile, anche dell’autorità giudiziaria che dovrà condurre le indagini per accertare la presenza di eventuali reati. Se e quando vorrà essere sentito dagli inquirenti mons. Gisana è pronto a fornire la più ampia collaborazione per il bene della verità e per la tutela della dignità di ciascuno”.

A19, sfida tra camionisti in autostrada finisce a coltellate: arrestato 52enne di Enna

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Due camionisti e il sorpasso vendicato col sangue. Una sfida iniziata in autostrada è finita nel peggiore dei modi: a coltellate.

I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Paternò, coadiuvati dai colleghi della Stazione locale, hanno arrestato nella flagranza un 52enne di Enna, ritenuto responsabile di lesioni personali aggravate.
I protagonisti della vicenda sono due camionisti che il giorno precedente avevano pensato bene d’ingaggiare in autostrada una sorta di gara con i loro rispettivi veicoli, incuranti dei pericoli derivanti dalla loro condotta agli altri utenti della strada. Una sfida finita male. Infatti, la manovra spericolata di uno dei due per garantirsi la “vittoria” ha provocato il risentimento dell’antagonista. L’uomo, deciso a non far passare in secondo piano il “disonore” patito, ha affrontato il collega all’interno del capannone di una ditta di autotrasporti con sede nella zona industriale di Belpasso.
La lite è presto degenerata. Dalle parole i due sono passati alle vie di fatto dapprima a suon di schiaffi e di bastonate, poi l’aggressore ha estratto un coltello dalla tasca ed ha colpito più volte alle gambe il rivale, quindi si era allontanato velocemente. Il malcapitato, invece, è stato trovato in una pozza di sangue e pertanto subito trasportato con l’ausilio dell’elisoccorso al Policlinico di Catania (per fortuna non versa in pericolo di vita).
L’antagonista poco dopo è stato individuato ed arrestato dai militari. L’arrestato, come disposto dall’Autorità Giudiziaria, è stato trattenuto in camera di sicurezza in attesa della celebrazione del rito per direttissima.

Nicosia GdF – emergenza covid. Focolaio dopo festa di compleanno: eseguite perquisizioni, sequestrati cellulari

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Militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Nicosia, nel quadro delle attività volte a garantire il rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19, hanno eseguito una serie di perquisizioni delegate dall’Autorità Giudiziaria nell’ambito di un’indagine penale in corso sul focolaio di contagi recentemente registrato tra i cittadini del Comune di Capizzi (ME).

Al centro dell’inchiesta, avviata dalla Procura della Repubblica di Enna, diretta dal Dott. Massimo Palmeri, è la festa svoltasi a ridosso delle festività natalizie in un locale di Nicosia, con la partecipazione di un cospicuo numero di invitati, in prevalenza giovani, tutti provenienti dal paese messinese.

Le perquisizioni domiciliari, così come tutti gli accertamenti in corso, effettuati nel rispetto dei protocolli sanitari in atto, sono avvenute con il supporto di personale specializzato dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Enna – Distretto di Nicosia, il quale al fine di garantire le condizioni di sicurezza per gli operanti, non solo ha assistito i finanzieri nelle particolari procedure di vestizione e di accesso nei luoghi interessati dal provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, ma ha altresì curato l’iter di sanificazione di tutto il materiale sottoposto a sequestro, tra cui diversi smartphone e apparati informatici, in modo da consentirne il successivo esame in piena sicurezza.

L’obbiettivo degli inquirenti è quello di accertare se il boom di contagi registrato nella piccola cittadina messinese, poi divenuta “zona rossa”, e nei comuni limitrofi, sia stato effettivamente causato da comportamenti illeciti che, in violazione delle stringenti norme in vigore per contenere la diffusione della pandemia in atto, hanno determinato un’esponenziale quanto improvvisa crescita dei contagi tra gli abitanti della zona, come accertato dalla menzionata Azienda Sanitaria. Allo stato, il reato ipotizzato è quello di epidemia colposa.

L’indagine conferma il costante impegno della Guardia di Finanza, anche durante l’emergenza sanitaria, a salvaguardia della salute dei cittadini. Proprio per tale ragione continuano incessanti i controlli delle Fiamme Gialle in tutta la provincia ennese, al fine di verificare l’osservanza delle misure di sicurezza sul contenimento del virus Covid-19 adottate dall’Autorità governativa con il D.P.C.M. del 14 gennaio 2021 e dal Presidente della Regione Siciliana con l’ordinanza del 16 gennaio 2021.

Link news di riferimento:
Atto VI. Nicosia – Colpo di coda del covid: colpito anche l’ospedale
Colpo di coda del covid nel nicosiano atto V: la disfida politica. Prima nomination come personaggio dell’anno per il Sindaco Bonelli
Colpo di coda del covid nel nicosiano, atto IV: sanzionato il ristoratore di Nicosia per la festa del 20 dicembre
Colpo di coda del covid nel nicosiano (atto III)
Colpo di coda del covid nel nicosiano (atto II)
Colpo di coda del covid nel nicosiano

Operazione antimafia “Discovery”: due arresti a Cerami e Troina dovranno scontare 8 anni di carcere

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La Polizia di Stato cattura due criminali all’esito della condanna definitiva.
La Corte di Cassazione rigetta i ricorsi, confermando le condanne per due uomini arrestati dalla Squadra Mobile nell’ambito dell’operazione antimafia “Discovery”.
Dovranno scontare ancora oltre 8 anni di carcere.

La Polizia di Stato – Squadra Mobile e Commissariato di P.S. di Nicosia – su ordine della Procura della Repubblica di Enna – Ufficio Esecuzioni Penali – ha catturato e condotto in carcere due appartenenti ai sodalizi criminali di Troina e Cerami.

LE INDAGINI
Le indagini della Squadra Mobile di Enna coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Caltanissetta hanno avuto inizio nel 2013 e sono durate oltre due anni.

L’articolata e complessa attività investigativa ha permesso di disarticolare due diversi gruppi criminali operanti a Troina e Cerami. I criminali erano riusciti a controllare territori geograficamente isolati dell’entroterra siciliano, posti al limite delle province di Enna, Catania e Messina.

La capacità delinquenziale dei sodalizi di Troina e Cerami si evidenziava per la perfetta organizzazione del gruppo, strutturato ed ordinato gerarchicamente secondo criteri paramilitari, con vertici di comando privi di scrupoli e particolarmente determinati per imporre la propria presenza sul territorio.

Le indagini esperite dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, nel periodo compreso tra il 2013 ed il 2015, permettevano di individuare i referenti di “cosa nostra” nel comune di Troina.

Dallo sviluppo dell’attività investigativa emergevano le intimidazioni rivolte ad esponenti politici locali finalizzate a farli desistere dalle attività di promozione della cultura della legalità e di istituzione della associazione antiracket.

Oltre al gruppo di Troina vi era anche il gruppo di Cerami, anch’esso impegnato prevalentemente nelle attività di estorsione ai danni dei commercianti della zona. Oltre ai reati di estorsione il gruppo ha commesso anche una gravissima rapina ai danni di un’anziana signora, sottraendole oltre 15.000 euro, privandola della libertà personale.

Le attività d’indagine, per la loro complessità, sono state suddivise in due distinte operazioni denominate “Discovery 1 e 2” portate a termine entrambe nel 2015.

Nel 2016 il Tribunale di Caltanissetta emetteva una sentenza di condanna a carico degli indagati, con pene dai 3 ai 18 anni.

Parte dei condannati ricorreva prima in Appello e successivamente in Cassazione. In data 29 gennaio 2021 presso la Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione sono stati discussi i ricorsi presentati dagli odierni condannati. La Cassazione ha rigettato il ricorso di ZITELLI Giuseppe, nato a Troina il 07/09/1978, pertanto lo stesso dovrà espiare ancora quasi 8 anni di carcere e pagare la multa di 12.000 per aver commesso i reati di rapina ed estorsione aggravati dall’aver compiuto i fatti con la metodologia mafiosa.

Inoltre è stato rigettato il ricorso presentato da SOTERA Gaetano, nato a Nicosia il 14.07.1988; il criminale dovrà scontare la pena di quasi 9 anni e pagare una multa di 9.000 euro per aver commesso il reato di rapina aggravata.

Per gli altri sodali, tutti catturati nell’ambito delle operazioni condotte dalla Polizia di Stato, sarà la Corte d’Appello di Caltanissetta che dovrà decidere in quanto la Corte di Cassazione ha rinviato gli atti processuali accogliendo in parte i ricorsi.

LE CATTURE
Non appena la Corte di Cassazione si è pronunciata sui ricorsi, i poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Nicosia hanno dato avvio alle ricerche dei condannati. Nelle prime ore di ieri entrambi i destinatari sono stati individuati e arrestati. Dopo aver appurato l’identità dei due arrestati anche grazie alla Polizia Scientifica, i condannati sono stati accompagnati in carcere per scontare la pena definitiva.

Apertura Anno Giudiziario: situazione fluida, proteiforme, assente autorevole leadership a livello provinciale, forza egemone delle famiglie di Barrafranca e Pietraperzia

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Dalla relazione del presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, Maria Grazia Vagliasindi, illustrata in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. “Cosa nostra – si legge nella relazione – ha altresì straordinarie capacità di infiltrazione anche nei territori di altre Regioni (Lombardia, Lazio) oltre che in paesi stranieri (Germania, in particolare). Non meno significativa è la capillare attività di reimpiego di capitali provenienti da tali attività e, in particolare, dal traffico di sostanze stupefacenti e dall’attività estorsiva, che rimane la forma più diffusa di controllo mosso dell’economia legale e del territorio, posta in essere non solo da Cosa nostra, ma anche dalla Stidda”. Come evidenziato dal Procuratore Generale Lia Sava e successivamente nella relazione illustrata dal presidente della Corte d’Appello, è soprattutto in occasione delle tornate elettorali, che si registra un “momento di brillazione per la messa a disposizione di pacchetti di voti al fine di appoggiare candidati ritenuti più avvicinabili, con l’evidente scopo di assicurarsi somme di denaro e altre utilità”.

“Nel territorio della provincia di Enna, alla tradizionale ricostruzione che vedeva la presenza delle cinque storiche “famiglie” di “Cosa Nostra” (Enna, Calascibetta, Villarosa, Pietraperzia e Barrafranca), si contrappone da ultimo una situazione fluida, proteiforme, dove, assente una autorevole leadership a livello provinciale, emerge la forza egemone delle famiglie di Barrafranca e Pietraperzia, tra loro strettamente alleate, rimanendo in ogni caso elevato il livello di infiltrazione delle associazioni mosse operanti nel territorio della provincia”

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