
L’uomo, che era conosciuto per il carattere rissoso, era riverso sul bordo della strada in contrada Valdinoci, massacrato a bastonate e colpi di macete. L’autopsia rivelò che era stato finito a colpi di pistola. Pittà venne formalmente indagato per il delitto dopo l’arresto dello zio Giuseppe Ferrera, quest’ultimo condannato per il delitto in via definitiva a 30 anni già nel 2011.
Ferrera aveva contrasti con alcuni vicini, tra i quali proprio Pittà. Erano state le celle di aggancio dei cellulari a individuare la presenza di Ferrera in contrada Valdinoci in coincidenza con l’ora dell’omicidio. Per gli inquirenti, l’uomo era intervenuto per porre fine alle continue liti tra il nipote Luca Pittà e Prinzi Per i tre gradi del giudizio Pittà, che si è sempre professato innocente, era rimasto a piede libero ed era stato arrestato nel 2016, dopo la sentenza della Cassazione che ha confermato la decisione della corte d’Appello. (ANSA)
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Valguarnera. Ricorre in appello l’omicida di Salvatore Prinzi